Il Castello è uno dei monumenti che raccoglie la testimonianza della continuità della città in oltre duemila anni di storia.
La sua posizione apicale, ai limiti nord-occidentali della Venafro romana, trae origine da una fortificazione megalitica poi trasformata nel quadrato mastio longobardo quando il conte Paldefrido vi pose la sua sede comitale nel X secolo.
Ampliato nel XIV secolo con l'aggiunta di torri circolari, il Castello venne completamente trasformato nel XV secolo dai Pandone, signori di Venafro e di vasti territori dalla valle del Volturno a quella del Biferno, venne difeso da un grande fossato alla cui realizzazione fu coinvolta l'intera popolazione che protestò vivacemente presso la corte reale fino ad ottenere l'interruzione dei lavori.
Venafro - Il Castello Pandone |
Enrico Pandone lo trasformò in residenza rinascimentale aggiungendovi un magnifico giardino all'italiana, un arioso loggiato e facendolo affrescare con le immagini dei suoi poderosi cavalli, conosciuti in tutta la penisola.
Ancora oggi i ritratti di 26 stalloni in grandezza naturale decorano tutto il piano nobile e costituiscono una delle più originali forme di gratificazione della razza equina.
Venafro - Il Castello Pandone: la sala dei cavalli |
Nella sala dei cavalli da guerra primeggia la sagoma del cavallo San Giorgio che fece parte della scuderia di Carlo V a cui Enrico rimase devoto fino alla discesa di Lotrec.
Il tradimento del conte venafrano fu punito con la decapitazione. Agli inizi del '500 le vicende locali si intrecciarono con avvenimenti politici che coinvolsero altri illustri Venafrani, come il giureconsulto Antonio Giordano che fu il maggior sindaco nei tribunali di Siena al tempo di Pandolfo Petrucci; il teorico delle armi da guerra Battista Della Valle che pubblicò il celebre Vallo, ristampato in almeno 15 edizioni; Amico da Venafro, capitano di ventura morto a San Miniato nel 1529 durante l'assedio di Firenze; Giovanni De Amicis, autore dei Consilia, apprezzato da Macchiavelli; Fabio Giordano, governatore perpetuo della città di Isernia; il filosofo Nicandro Iosso, autore di un trattato sul piacere e sul dolore.
Nel XVII secolo il Castello, dopo essere stato della famiglia vicereale dei Lannoy, passò ai Peretti-Savelli, familiari di Sisto V, e nel secolo successivo alla potente famiglia dei di Capua. Giovanni di Capua lo trasformò per farne la sua residenza in vista del matrimonio che avrebbe dovuto contrarre con Maria Vittoria Piccolomini, agli inizi del '700.
Un sogno d'amore che rimase tale per l'immatura morte di Giovanni anche se già si era concretizzato nel grande stemma che è ancora nel salone, dove l'unione dei blasoni delle due casate ricorda un avvenimento che non è mai accaduto.
Oggi il Castello di Venafro, sia pure faticosamente, torna ad essere il punto nodale della cultura civica venafrana.
Venafro - Il Castello Pandone: la sala dei cavalli |
Nel XVII secolo il Castello, dopo essere stato della famiglia vicereale dei Lannoy, passò ai Peretti-Savelli, familiari di Sisto V, e nel secolo successivo alla potente famiglia dei di Capua. Giovanni di Capua lo trasformò per farne la sua residenza in vista del matrimonio che avrebbe dovuto contrarre con Maria Vittoria Piccolomini, agli inizi del '700.
Un sogno d'amore che rimase tale per l'immatura morte di Giovanni anche se già si era concretizzato nel grande stemma che è ancora nel salone, dove l'unione dei blasoni delle due casate ricorda un avvenimento che non è mai accaduto.
Oggi il Castello di Venafro, sia pure faticosamente, torna ad essere il punto nodale della cultura civica venafrana.
Nessun commento:
Posta un commento